bdsm
Il dentista
di PoseidonePersefone
11.01.2024 |
1.405 |
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""Lo vedi? Aaah quanto sei patetico, ora vediamo fino a che punto arrivi!" Alzò la gamba scoprendo delle autoreggenti nere con motivi floreali e un..."
IL COLLOQUIO La sveglia risuonò nella stanza come ogni mattina, con un gesto ormai divenuto meccanico allungò il braccio alla ricerca della fonte del disturbo. Andò a tastoni finché con la mano non pigiò il tasto dello spegnimento, ponendo fine al rumore che lo aveva ridestato dal sonno. Quella mattina fu più difficile del solito dover abbandonare Morfeo, infatti vuoi la stanchezza per le ore di lavoro vuoi la mezza bottiglia di Jack lasciata sul tavolo la sera prima, Edgar si sentiva come se forze misteriose lo incatenassero al letto. Nonostante tutto, scostò con un gesto perentorio le lenzuola e una volta alzatosi caracollo verso il bagno per risistemarsi e fare una doccia.
Il getto d'acqua fresca gli fece sovvenire un pensiero, quella mattina oltre ai diversi appuntamenti ne aveva uno particolare, erano infatti alcune settimane che la sua precedente assistente alla poltrona aveva dato le dimissioni, una persona semplice ma gran lavoratrice. In sua mancanza cercò di sopperire come meglio poté, ma era evidente che tutto il lavoro e lo stress stavano deteriorando il suo equilibrio, ecco perché quella settimana parlò già con tre candidate, purtroppo con scarso successo. Edgar era un tipo puntiglioso e preciso, difficilmente accontentabile, così mentre si vestì sussurrò tra se e sé... "Speriamo che sia la volta buona!" Allungò la mano per prendere la giacca e si avviò verso il suo studio.
Erano da poco passate le dieci, ormai la candidata sarebbe arrivata da lì a poco, l'uomo stava sorseggiando un caffè quand'ecco una figura stagliarsi sulla soglia dello studio con una cartellina in mano... "È permesso?" Chiese la donna titubante, Edgar la invitò ad accomodarsi con un cenno della mano. Con passo sicuro e cadenzato dal rumore dei tacchi si avvicinò alla scrivania, scostò leggermente la sedia e prese posto davanti a lui. Era una bella donna sulla trentina, capelli neri raccolti sobriamente con una coda, occhi verde ceruleo specchiati da un paio di occhiali dalla montatura sottile, un tailleur minimale ma al contempo efficace disegnava delle curve molto generose che Edgar non potè fare a meno di notare.
Con un lieve sorriso i due si presentarono dandosi la mano... "Piacere sono il dottor Monroe, lei è?" La donna rispose... "Katrina, ma la prego mi chiami pure Key, è più veloce ed informale." Nel dirlo abbozzò una risata subito ricambiata dal dottore. I due svolsero il colloquio per diversi minuti, ma contrariamente a quella che poteva essere la speranza dell'uomo, constatò che Key non era idonea alla mansione motivo per cui si apprestò a congedarla con il più classico, le farò sapere. Fu allora che avvenne qualcosa di bizzarro, la donna lo squadrò torva e trasformò il sorriso in un ghigno ampiamente percettibile dicendo... "Dottore, se lei ora mi lascia andare via non mi rivedrà più, crede che non mi sia accorta del modo in cui mi sta spogliando con gli occhi?" Lui trasalì in un misto tra incredulità e imbarazzo esclamando... "Ma lei è folle, cosa vorrebbe insinuare?" Key si alzò di scatto dalla sedia e col passo di una pantera saettò davanti a lui. Si appoggiò sul bordo della scrivania e con voce melliflua disse... "Mio caro dottorino, voi uomini siete tutti uguali, cercate di nascondervi nei vostri pantaloni per sentirvi forti, quando sapete benissimo che nel profondo basta una bella donna per farvi cadere ai nostri piedi! " Edgar era come immobilizzato, i suoi sensi irretiti ed era ormai più che evidente la sua erezione. La donna se ne accorse e con una sonora risata disse... "Lo vedi? Aaah quanto sei patetico, ora vediamo fino a che punto arrivi!" Alzò la gamba scoprendo delle autoreggenti nere con motivi floreali e un paio di elegantissime Louboutin dal tacco quasi illegale. Appoggiò quest'ultimo proprio sui pantaloni di Edgar e prendendolo per la cravatta lo tirò a sé esclamando... "Avanti dottore, perché non mi spoglia? Perché non comincia dalle calze?" Lo lasciò cadere all'indietro puntellando il tacco contro il suo petto. Lui era frastornato e palesemente alla sua mercé, ma la donna che aveva sopra di lui era di una bellezza disarmante, troppo per cercare di resisterle, troppo per cercare di disobbedire. Cinse così la scarpa con due mani e tirando verso di se la sfilò lentamente mettendo alla luce un piede curatissimo con un french impeccabile e dal leggero odore di cuoio e sudorazione che, inebriarono i ricettori olfattivi di lui.
Key si gustò la scena di Edgar che con le dita cercava le fessure e le pieghe del suo piede ancora velato. La donna tuonò... "E chi l'avrebbe mai detto? Non avrei mai detto che il nostro dottorino fosse anche un feticista? Visto che brami tanto i miei piedi, sfilami le calze e leccali!" Nel dirlo rise di gusto assestando qui e lì qualche colpetto sotto il mento di lui. Edgar non indugiò oltre e con delicatezza, partendo dalla coscia, cominciò a togliere la calza come un bambino scarta i regali a Natale. Quando ebbe finito si tuffò senza pensiero con le narici tra alluce e illice inspirando voracemente il suo odore, Key incitò... "Su avanti, lecca per bene!" Edgar obbedì senza discutere appoggiando la propria lingua dapprima sulla pianta e poi tra le dita, succhiandole avidamente una per una. Nel mentre lei si soffermò sul suo sesso che, stimolò con l'altro piede masturbandolo.
L'uomo era in estasi e fuori controllo e la supplicò dicendole di non fermarsi, fu allora che lei si scostò rapidamente da lui esclamando con voce imperante..."Solo io posso decidere quando e cosa voglio fare, tu sei il mio burattino dottorino. Adesso ricomponiti che fai schifo!" Si rimise in piedi, raccolse le sue cose dopo essersi sistemata i capelli si diresse all'uscita e soffermandosi sull'uscio disse..."Il lavoro è mio, ci rivediamo domani alla stessa ora, sabato è il mio giorno libero e non faccio straordinari." Detto ciò varcò la porta e scomparve così come era venuta.
Edgar impiegò diversi minuti per capire cosa fosse realmente accaduto, forse non si era mai alzato dal letto, o forse quella donna era reale e mandata da Lucifero in persona per rubargli l'anima? Le mille domande lo perseguitarono fino a sera, quando una volta giunto a casa, squadrò la mezza bottiglia di Jack sul tavolo. Allungò una mano, prese un bicchiere e si versò due dita dell'ambrato liquore cercando di offuscare i pensieri.
LA SEDAZIONE
Edgar stava percorrendo spasmodicamente il lungo corridoio del modesto stabile dove era sito il suo ambulatorio. Le ampie falcate erano direttamente proporzionali al desiderio di incontrarla nuovamente davanti a quella porta. L'uomo, svoltato l'ultimo angolo, avvertì un senso di smarrimento quando si accorse che a parte due signori anziani e un giovane di colore, non vi era traccia di Key. Si avvicinò alla porta, sussurrò un poco convinto buongiorno, e nel contempo diede un paio di giri di chiave per aprire. Accese le luci e indossò il camice fresco di stiratura, diede un colpo di tosse, come per schiarirsi la voce e disse... "Avanti."
Il primo paziente era una vecchia conoscenza di Edgar, un signorotto di mezza età con evidenti problemi alla cavità orale, un serio caso di piorrea, lo fece accomodare e cominciò a visitarlo. Dopo un'attenta analisi lo osservò dall'alto verso il basso dicendo... "Eh, mi spiace ma qui dovrei intervenire il prima possibile, e lo farei se solo avessi un'ass...", "Stava per dire assistente?" Pronunciò una voce femminile da lato della stanza. Gli occhi di lui si alzarono lentamente, come per non rovinare l'attimo atteso per una vita. Era lì, davanti a lui, in tutta la sua prorompenza. Key si scusò per il ritardo giustificandosi di non essere riuscita a trovare parcheggio, il più classico degli escamotage, ma lui in quel momento era assente in balia di quelle curve e quegli occhi magnetici da rimanere come ipnotizzato. Si rese conto di aver lasciato per troppo tempo lo stato terreno e una volta ricomposto indicò alla donna dove andare a cambiarsi e l'intervento che stavano per compiere.
Il team portò a termine il delicato intervento, svaniti gli imbarazzi iniziali, Edgar non potè che constatare l'effettiva capacità specialistica della donna, che sembrava essere totalmente immersa nel suo lavoro. Forse l'aveva giudicata troppo in fretta al colloquio, pensò tra sé e sé, un pensiero il suo che lo fece persino dubitare di quello che fosse davvero successo il giorno prima.
I due proseguirono le visite fino al tardo pomeriggio, Key si era dimostrata un'impeccabile professionista e lui, ormai consapevole di aver trovato la propria assistente, cominciò ad assumere un atteggiamento più rilassato e gioviale. Erano più o meno le cinque, al di fuori della piccola finestra che dava sul cortile il sole stava già nascondendosi dietro i grossi palazzi adiacenti, quand'ecco che dalla porta dello studio entrò il giovane, di evidenti origini sudamericane, che Edgar scorse qualche ora prima in sala di attesa. Il ragazzo si stagliava in tutta la sua prestanza fisica con un capello riccio scuro e una mascella squadrata che quasi intimorirono il dottore..."Si accomodi" suggerì Edgar per spezzare l'attesa, il giovane senza dire una parola seguì l'invito e dopo aver scambiato più di un'occhiata a Key prese posto sulla poltrona. Il dottore si avvicinò per stendere la mantellina sterilizzata sopra il ragazzo, notando con un crescente disagio i continui ammiccamenti d'intesa lanciati da quest'ultimo verso la donna. Avvenne tutto troppo velocemente, il misterioso individuo afferrò per i polsi Edgar, il quale atterrito e colto di sorpresa venne scaraventato sulla poltrona al posto del giovane..."Che significa tutto questo? Mi lasci!" Sbottò il malcapitato, e con gli occhi iniettati di livore vide Key sogghignare accanto al ragazzo. Era ormai chiaro, i due giovani si conoscevano e stavano architettando qualcosa, tutte le sue paure furono confermate quando Key si avvicinò a lui con la mascherina che collegava al protossido di azoto dicendo..."Dottorino mio, ma lo sai che li immobilizzato stai proprio bene? Lascia che ti presenti il mio amico José, sai io e lui ogni tanto ci divertiamo!" E nel mentre lo accarezzò sulle guance amorevolmente. Edgar tuonò..."Ma cosa cazzo vuoi da me? Chi sei davvero? Cosa ti ho fatto?" Lei obiettò..."Nulla, voglio solo divertirmi, e tu oggi giocherai con noi, vedrai sarà divertente..." ridendo di gusto appoggiò la mascherina sul volto del dottore esortandolo a fare lunghi respiri profondi. L'iniziale resistenza di Edgar cominciò ad affievolirsi rapidamente, più il gas entrava in circolo più il suo cervello si offuscava e trovava la cosa esilarante. La presa di costrizione di José si allentò, ormai non era più necessaria, mentre Key si prodigò di chiudere a chiave lo studio. I due giovani si avvicinarono alla scrivania e dopo essersi sistemati cominciarono a baciarsi..."Guarda bene verme, guarda come mi faccio scopare!" Sillabò fieramente Key, nel contempo l'uomo le cingeva i fianchi infilando le mani al di sotto del camice. José le alzò la coscia mentre con la bocca cercava avidamente i suoi seni, lei era in estasi e spinse il suo fallo dentro di lei con ingordigia..."Vieni qui dottorino, fammi vedere quanto puoi essere il nostro zerbino!" Il suo sguardo magnetico era irresistibile, e d'altra parte i suoi sensi annebbiati non recepivano altro che le sue parole, parole che risuonavano nella sua testa come ordini. Edgar si lasciò condurre dalla voce di lei fino ai suoi piedi, si gettò inerme per terra in attesa di sentire ancora le parole di Key. Lei nel frattempo stava ansimando dal piacere mentre il prestante ragazzo la penetrava con colpi profondi e cadenzati..."Su avanti, spogliati, voglio che rimani nudo come un verme coglione!" Il dottore obbedì senza perdere tempo, calò i pantaloni e rimase supino guardando i due amanti mentre consumavano il rapporto. Ad un certo punto il giovane guardò negli occhi Key come per avvisarla, lei capì che il suo amante era prossimo all'orgasmo e sorridendo disse..."Schiavetto sei pronto a ricevere un umido regalo?" Si spostò di lato e alzò la testa di lui per i capelli, avvicinandolo al membro pulsante e pronto ad esplodere del giovane..."Adesso apri bene la boccuccia insulso essere, fai contenta la tua padrona!" Gli assestò un calcio alla base dello stomaco facendogli avere un sussulto. Rimase così, occhi chiusi e bocca spalancata, finché non avvertì una spiacevole sensazione calda colargli giù per le narici e le labbra. Key rise sommessamente lasciandolo ricadere per terra nella più profonda vergogna e intontimento. I due giovani si ricomposero e guardandolo nella più grande delle soddisfazioni si avvicinarono alla finestra dove ormai non filtrava più la luce del sole..."Ricordati di prendere la telecamera José." Il complice annuì alla donna recuperando l'oggetto da sopra la scrivania porgendoglielo. Key si girò verso Edgar e sventolando la piccola telecamera come un trofeo disse..."Congratulazioni, sei anche una star del cinema adesso! Da ora in poi sei il mio schiavo, e farai tutto quello che ti ordinerò di fare. Altrimenti, beh... José qui sa molto bene come pubblicare un video su Internet! Ci siamo capiti?" Il dottore abbassò lo sguardo e rispose..."Si..." Key abbaiò..."non basta un semplice sì, devi dire sì padrona!" L'uomo con occhi gonfi di risentimento disse allora..."Sì... padrona!" Lei lo atterrò con un calcio e sdegno avviandosi verso l'uscita, lasciando Edgar ancora più solo di quello che in quel momento aveva dentro la sua anima.
LA VERGOGNA ED IL PIACERE
Il silenzio della stanza, in cui si era rintanato da ormai alcune ore, fu spezzato dal suono acuto del suo cellulare. Edgar trasalì come fosse stato destato bruscamente dal sonno, pigiò a caso sul touch e rispose con voce flebile, dall'altro lato una voce femminile tristemente nota disse... "Vestiti, hai dieci minuti per portare il culo all'indirizzo che ti arriverà tra poco per messaggio! Vedi di non farmi aspettare." La conversazione fu così troncata senza diritto di replica alcuna, era chiaro ormai che quel rapporto di sadica ubbidienza lo stava imprigionando senza scampo. Si lavò rapidamente il viso cercando di riconnettere tutti i cinque sensi, nel mentre il cellulare emise il classico suono della notifica, era arrivato l'indirizzo dell'appuntamento. Per sua fortuna il posto non era molto lontano e ci sarebbe arrivato in cinque minuti di cammino, prese le sue cose al volo e si avviò verso l'incontro con la sua aguzzina. Davanti a lui si stagliava un grosso cancello di quello che pareva un cantiere edile abbandonato da tempo. L'uomo si addentrò timidamente a piccoli passi evitando grossi secchi di vernice e travi palesemente arrugginite, all'improvviso la voce di Key riecheggiò... "Fermati lì, davanti a quel tavolo da lavoro!" Il dottore si arrestò e voltandosi la vide arrivare a passi decisi verso di lui... "Perché mi hai portato qui?" Ribatté lui non curandosi del tono di sfida usato. La donna alzò un sopracciglio incredula rispondendo... "Come cazzo osi stupido verme? Questo è il modo di rivolgerti alla tua padrona?" Edgar prese coraggio e rincarò la dose..."Basta con questa puttanata! Ora vado dalla polizia e denuncio tutto! Hai capito? Questa storia finisce qui..." Key rise sommessamente a quelle parole, fece altri due passi in avanti ed estraendo il cellulare digitò un numero in rubrica mettendo il vivavoce..."Pronto José? Si... siamo qui, avevi ragione non vuole collaborare, procedi come da piani. Pubblica il video su internet." Il dottore a quel punto urlò di non farlo e supplicò la donna di interrompere la cosa perché avrebbe collaborato. Con un gesto del pollice sul cellulare pose fine alla conversazione con il suo amante e guardando fieramente Edgar gli ordinò..."Molto bene dottorino, da adesso in poi, qualsiasi cosa ti dirò tu la farai senza fiatare, e ti rivolgerai a me chiamandomi padrona... ci siamo spiegati?" Lui abbassò lo sguardo e balbettando rispose..."Sì padrona!" ,"Molto bene schiavetto, adesso giochiamo un pò!" Key era fasciata in un completo di latex nero con un corpetto sapientemente allacciato ai lati, era rimasto ben poco all'immaginazione, il suo seno prosperoso strabordava ed i lunghi capelli erano sciolti e mossi sulle spalle. Degli stivali altissimi le arrivavano fin sopra le ginocchia e nella mano destra una sorta di strana cintura attirò l'attenzione del dottore.
"Sposta quei cartoni sul tavolo, muoviti!" Furono queste le parole della donna, e lui eseguì stavolta senza esitare... "Bravo, adesso voltati e porgimi le mani dietro la schiena!" Edgar obbedì quand'ecco che si ritrovò ammanettato e inerme. Con una mano la donna spinse la testa di lui violentemente sul tavolo in modo da tenere il busto in posizione orizzontale ad esso, mentre le terga in verticale davanti a lei... "Molto bene dottorino, sei pronto per l'intervento?" La voce melliflua di Key lo fece inorridire al presentimento di quello che stava per succedere. La donna gli sfilò rapidamente i calzoni e una sensazione di lattice freddo misto a quello che doveva essere del lubrificante toccò la pelle di lui. Edgar supplicò..."No, ti prego padrona non lo fare, ti scongiuro..." e lei disse... "Si verme, voglio sentirti implorare! Sarà più divertente." A quel punto Key impugnò il suo membro fittizio e con un movimento pelvico lo fece scivolare all'interno dell'ano dell'uomo terrorizzato. Il naturale irrigidimento di lui rese la cosa molto più dolorosa di quanto potesse anche solo immaginare, fu così che la donna afferrò il pene di Edgar e avvicinandosi alle sue orecchie sussurrò..."Lasciati andare, non senti come il tuo culetto caldo lo voglia tutto dentro di sé? Lo so che lo vuoi, devi solo lasciarti andare... " Nel farlo le rotazioni del suo polso lo stavano sapientemente masturbando... "Lo vedi? E' inutile mentire a te stesso, stai già gocciolando dal desiderio!" Effettivamente i suoi muscoli si erano rilassati e quelle che prima sembravano frustate erano diventati colpi cadenzati di piacere. Edgar ad un tratto mugolò e rimase ansimando prossimo all'orgasmo. Key era finalmente compiaciuta, stava riuscendo a trasformare un distinto dottore in qualcosa di molto simile ad una nullità in suo potere. La donna tuonò così..."Guarda come ti piace, sei la mia cagnetta, dottorino... voglio che lo dica!" L'uomo in estasi rispose... "Si padrona, sono la tua cagnetta! Non conto un cazzo, sei solo tu la mia padrona!" Nel sentire queste parole lei affondò ancora più in profondità lo stantuffare dei suoi colpi, mentre con l'altra mano ormai il membro era gonfio e pronto ad esplodergli tra le dita... "Adesso voglio che tu venga cagna! Avanti, vieni per la tua padrona!" E con queste parole Key assestò ancora poche seghettate prima di assistere all'incontrollato orgasmo di lui, che a bocca spalancata cacciò un urlo di piacere mentre il suo pene inondava il tavolo. La donna estrasse solo allora il pesante dildo di gomma che lo stava penetrando facilmente, liberò il suo prigioniero e guardandolo dritto negli occhi disse..."Hai visto che mi devi dare retta? Se tu ti comporterai sempre così io e te andremo molto d'accordo!" Edgar, visibilmente scosso, annuì mentre si ricomponeva gli abiti dicendo... "Sì padrona, farò tutto quello che mi ordinerà!"
I due per la prima volta si avviarono insieme verso il mondo esterno, il dottore e la sua assistente per la società, uno schiavo e la sua padrona nella vita privata. Un ruolo che forse Edgar cominciava anche a gradire, nessun pensiero, nessuna scelta, solo cieca obbedienza ad una donna per cui stava perdendo la testa.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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